Itinerario culturale “Su e Zo per i Ponti” 2018
Alla scoperta dei pozzi di Venezia
a cura del Servizio Turismo Sostenibile della Città di Venezia
Introduzione – Mappa – Punti di interesse
Al di là degli itinerari più conosciuti – Piazza San Marco, il Ponte dei Sospiri e il Ponte di Rialto – ci sono intere zone di Venezia tutte da esplorare, dove si rivela l’anima autentica di questa città millenaria. Fra gli infiniti percorsi possibili per scoprire una Venezia diversa, l’itinerario suggerito dal Servizio Turismo Sostenibile della Città di Venezia ai partecipanti della 40° Su e Zo per i Ponti, nell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale, ha per tema la scoperta dei pozzi di Venezia, una passeggiata nell’arte e nella storia, in luoghi al di fuori dei percorsi ordinari.
Camminando per Venezia, infatti, vi potrà capitare spesso di imbattervi nelle vere da pozzo, le balaustre di protezione che chiudono i fori dei pozzi per la raccolta dell’acqua piovana, autentiche opere d’arte sparse in ogni angolo della città. L’inconfondibile aspetto di campi, corti, chiostri e giardini di Venezia non sarebbe tale senza i pozzi, oggi non più in uso ma per secoli elemento essenziale della vita quotidiana dei veneziani, almeno fino alla costruzione del primo acquedotto, alla fine dell’Ottocento.
I pozzi, grazie ad un ingegnoso sistema per la raccolta e il filtraggio dell’acqua piovana, assicuravano ad una città costruita sull’acqua salmastra della laguna l’approvvigionamento di acqua dolce: “Venezia è in acqua et non ha acqua”, così infatti scriveva Marin Sanudo, storico e cronista veneziano, intorno ai primi anni del 1500. Il pozzo veneziano è una cisterna sotterranea per la raccolta, la depurazione e la conservazione dell’acqua piovana, e la vera da pozzo non è che la parte visibile del pozzo vero e proprio. Una ricca serie di vere da pozzo, alcune delle quali molto antiche, è conservata anche al Museo Archeologico e al Museo di Storia Naturale di Venezia.
Tutti gli itinerari di #Detourism per scoprire una Venezia diversa fanno parte della campagna di sensibilizzazione #EnjoyRespectVenezia, promossa dalla Città di Venezia per orientare i visitatori verso l’adozione di comportamenti consapevoli e rispettosi del patrimonio culturale e naturale di Venezia, sito UNESCO bene di tutta l’umanità.
Servizio Turismo Sostenibile della Città di Venezia:
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Mappa
Introduzione – Mappa – Punti di interesse
Punti di interesse
Introduzione – Mappa – Punti di interesse
In campo San Trovaso si trovano ben tre vere da pozzo, la più grande è quella cinquecentesca di forma cilindrica, posizionata di fronte alla facciata meridionale della chiesa; è una tipica vera pubblica rinascimentale. La seconda, risalente al XV secolo, in stile gotico, presenta uno scudo con l’aquila bicipite imperiale, stemma della famiglia che la fece costruire, i Giustinian; la terza vera da pozzo, la più antica, di origine trecentesca, nel Settecento fu teatro di un efferato omicidio. Il 14 giugno 1779 infatti al suo interno fu ritrovato il busto di un uomo, e qualche ora dopo le altri parti del corpo furono rinvenute in altri pozzi della città. Gli autori dell’atroce delitto furono identificati e subito arrestati: erano la moglie della vittima e il suo giovane amante.
La chiesa di San Trovaso, dedicata ai Santi Gervasio e Protasio, esisteva già nel XI secolo. L’attuale struttura risale al 1584, ha due facciate quasi identiche, una rivolta verso il campo e l’altra verso il rio. In passato, la chiesa era terreno comune dei Nicolotti e dei Castellani, fazioni popolari della città tra loro rivali. In caso di matrimonio tra due giovani delle opposte fazioni, i Castellani entravano dalla porta meridionale, i Nicolotti da quella sul rio.
L’interno della chiesa ospita importanti opere tra cui tele di Jacopo e Domenico Tintoretto e due pale d’altare di Palma il Giovane. Campo San Trovaso conserva il caratteristico rialzo che serviva per mascherare il bacino per l’acqua piovana che alimentava il pozzo. Per la costruzione di un pozzo era infatti necessario disporre di un’area ampia dove porre la cisterna e i tombini per la raccolta dell’acqua, ma soprattutto di una posizione che non venisse raggiunta dall’acqua salata in caso di alta marea. È per questo che molti pozzi venivano realizzati in campi o campielli rialzati, come questo.
Su di un lato del campo, sorge lo squero di San Trovaso, uno degli ultimi cantieri tradizionali dove esperti maestri d’ascia fabbricano e riparano le barche in legno della laguna: le gondole ma anche i sandoli, le sanpierote, le caorline e tutte le altre imbarcazioni. Per maggiori informazioni: www.squerosantrovaso.com.
Indirizzo: Campo San Trovaso, Dorsoduro
La vera da pozzo esagonale che si trova nella popolare corte dei Cordami alla Giudecca risale al Cinquecento. Su due facce si vedono due tondi scalpellati all’interno di una raggiera, probabilmente un tempo racchiudevano il monogramma bernardiniano IHS (abbreviazione di “Iesous”, Gesù, in lingua greca antica), e questo lascia pensare ad una vera proveniente da qualche convento soppresso dell’isola.
La lunga corte dei Cordami era il luogo dove i corderi fabbricavano all’aperto gomene e cime per le navi, grossi cavi di canapa usati per l’ormeggio e il rimorchio, composti di diverse corde attorcigliate. Sulla corte si affacciano una serie di casette a schiera, forse seicentesce, dagli imponenti camini, architettura che è un esempio di edilizia popolare tradizionale veneziana.
La corte è passata alla storia anche perché, durante la Serenissima, vi si svolgeva il gioco del pallone e il gioco della caccia dei tori. Le corse dei tori nei campi veneziani si svolgevano dal primo giorno fino all’ultima domenica di Carnevale ed erano vere e proprie lotte tra cani e tori, questi ultimi tenuti per le corna con delle funi da due individui detti tiratori (spesso un uomo e una donna). Una curiosità: in città i pozzi venivano realizzati dai pozzeri, che di padre in figlio si tramandavano i segreti delle tecniche costruttive e fin dal Duecento erano presenti nella Scuola dei Mureri, ossia una scuola di mestiere che riuniva coloro che si occupavano di costruire opere di muratura.
Indirizzo: Corte dei Cordami, Isola della Giudecca
POZZO DI CA’ PESARO – GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA E MUSEO D’ARTE ORIENTALE
Questo splendido pozzo monumentale nel cortile di Ca’ Pesaro, sede della Galleria Internazionale d’Arte Moderna e del Museo d’Arte Orientale, si trovava originariamente nel cortile della Zecca in Piazza San Marco, dove venivano coniate le monete della Repubblica. Quando l’edificio fu riedificato in pietra d’Istria, dopo l’incendio del 1532, dal Sansovino tra 1537 e 1547, al centro dell’ampio cortile interno fu posto il pozzo monumentale, disegnato dallo stesso Sansovino. La vera da pozzo di forma ottagonale è decorata da quattro colonne che sorreggono l’arco su cui poggia la scultura di Apollo che impugna le verghe d’oro, realizzata da Danese Cattaneo. Il soggetto intendeva evocare la lavorazione dell’oro che gli orefici realizzavano all’interno dei laboratori affacciati sul cortile. Apollo è raffigurato nudo e seduto sul globo terrestre appoggiato sopra una montagna d’oro: secondo una leggenda l’oro, il metallo prezioso per eccellenza, nasceva nelle viscere della terra per virtù di Helios, il dio Sole dei Greci. Quando, nel 1907, la Zecca venne adibita a sede della Biblioteca Marciana, il cortile fu coperto e trasformato in sala di lettura e la vera da pozzo fu rimossa; nel 1914 il pozzo fu spostato nel cortile interno di Ca’ Pesaro, dove oggi è ancora visibile.
La Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro ospita importanti collezioni otto-novecentesche di dipinti e sculture, tra cui spiccano capolavori di Klimt, Chagall e notevoli opere da Kandinsky a Klee, da Matisse a Moore.
Il Museo di Arte Orientale, ospitato al terzo piano del palazzo, costituisce una delle più importanti collezioni mondiali di arte giapponese del Periodo Edo. Raccolta che il Principe Enrico II di Borbone, conte di Bardi, acquistò durante il suo viaggio in Asia, compiuto tra il 1887 e il 1889. Più di 30mila pezzi tra i quali spade e pugnali, armature giapponesi, delicate lacche e preziose porcellane, con ampie sezioni dedicate all’arte cinese e indonesiana.
Indirizzo: Santa Croce 2076
Telefono: +39 041 721127
Sito web: capesaro.visitmuve.it
POZZO DI CAMPO SAN ZAN DEGOLA’
Quella di San Zàn Degolà è sempre stata una fra le zone più discoste e semisconosciute di Venezia. Al centro del campo si trova una trecentesca vera da pozzo in pietra d’Istria, decorata con foglie acquatiche e fregio a punta di diamante. Su un lato della vera è presente il beccuccio di una fontana.
In un angolo del campo intitolato a San Giovanni Decollato, San Zàn Degolà in veneziano, si erge la facciata della chiesa omonima, orientata a occidente con l’abside a oriente. La chiesa è antichissima, i primi documenti ad essa relativi risalgono attorno all’anno Mille. Piuttosto semplice e disadorna, è uno dei pochi esempi di architettura veneto-bizantina a Venezia che si sia conservato pressoché inalterato fino ai giorni nostri. Infatti, i molti restauri che si sono succeduti nei secoli hanno mantenuto la struttura originaria, ad esclusione della facciata, risalente al Settecento. L’interno della chiesa è spaziato da arcate ogivali su colonne di marmo greco con capitelli bizantini, sormontato da un soffitto a carena di nave e ornato di pitture tardo trecentesche.
Ora la comunità slavo-ortodossa di Venezia utilizza regolarmente la chiesa di San Zàn Degolà per le funzioni religiose.
Il luogo di culto è ricordato anche per un tragico fatto di cronaca avvenuto nel Cinquecento. Il 21 novembre 1500, festa della Madonna della Salute, una famiglia intera fu rapinata e uccisa e l’autore dell’orribile gesto fu identificato nel prete Francesco che celebrava messa in questa chiesa. Il sacerdote venne condannato e, prima di essere giustiziato in Piazza San Marco, subì il taglio della mano destra davanti alla porta della casa della famiglia distrutta.
Indirizzo: Campo San Zan Degolà, Santa Croce
Nei giorni della Su e Zo per i Ponti gli iscritti alla manifestazione possono accedere con biglietto ridotto, esibendo il cartellino d’iscrizione Su e Zo per i Ponti all’ingresso. Maggiori informazioni sulla pagina “Su e Zo per i Musei”.
Il piccolo campo San Boldo, delimitato su due lati dall’acqua, è un angolo di Venezia nascosto e appartato, scandito dalla vera a balaustrina rococò, datata 1712. Nel periodo barocco e rococò i marmorari veneziani si ispirarono spesso per le vere ai balaustri ripetendone minuziosamente le forme, com’è il caso di questa vera dalla forma snella e aggraziata.
Curiosa la storia di questo campo, dove ancora oggi vi si può vedere il campanile mozzo, mentre l’antica chiesa non esiste più: qui nell’XI secolo le famiglie patrizie Giusto e Tron fecero erigere una chiesa inizialmente dedicata a Sant’Agata, che però, tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento, iniziò ad essere denominata Sant’Ubaldo (San Boldo in veneziano) data la vicinanza con un ospedale che era stato lì costruito. Col passare del tempo quest’ultimo titolo sostituì definitivamente quello originario. Come molte altre chiese venne chiusa e poi demolita, per far posto ad abitazioni, nel periodo napoleonico. Oggi al suo posto sorge un palazzo residenziale: ne rimane solo il campanile privo di cuspide, anch’esso abitato.
Una curiosità: i pozzi veneziani (oggi per la maggior parte interrati) avevano la duplice funzione di cisterna e di filtro per depurare l’acqua piovana. Sotto la vera esterna, l’unica parte visibile, veniva effettuato uno scavo profondo non più di 5 metri le cui pareti rivestite da uno strato di argilla erano a loro volta ricoperte di sabbia pulita e mantenuta costantemente bagnata. Sul fondo dell’invaso, una grande lastra di pietra costituiva il basamento della cisterna che esternamente terminava, appunto, con la vera, generalmente in marmo o pietra d’Istria.
Indirizzo: Campo San Boldo, San Polo
La Corte Petriana si raggiunge avventurandosi tra le calli in direzione Sant’Aponal: siamo a soli pochi passi da Rialto, eppure ci si ritrova in un luogo immerso nel silenzio, lontano dalla folla. La corte deriva il nome da una famiglia un tempo qui residente, i Petriani, il cui stemma, formato da un albero con una mezzaluna alla base, si scorge ancora oggi sia sul portale in pietra che segna l’ingresso alla corte sia sulla vera da pozzo rinascimentale che sta all’interno. Posta al centro, la vera è decorata con foglie d’acanto e altri motivi vegetali e floreali. Un porticato sostenuto da tre sobrie colonne abbellisce la corte.
Originaria dell’Umbria, la famiglia Petriani si stabilì a Venezia alla fine del Trecento quando il capostipite Antonio ottenne la cittadinanza veneziana. Si hanno notizie che i Petriani rimasero proprietari di case in questa corte almeno fino alla metà del Cinquecento.
In questa corte, nel XV secolo, esisteva la tipografia di Nicolò Brenta. Nonostante le dimensioni ridotte della corte, nel 1651, Luigi Duodo e Marcantonio Correr vi fecero erigere addirittura un teatro. Poco è rimasto della costruzione e della sua storia: ne conosciamo il nome – Teatro Nuovissimo – e sappiamo che tutte le opere qui rappresentate non furono che nove soltanto.
Indirizzo: Corte Petriana, San Polo
POZZI DI CORTE CONTARINI DEL BOVOLO
In una corte nascosta, alla fine di una stretta calle a due passi da Campo Manin, emerge in tutta la sua straordinaria bellezza la Scala Contarini del Bovolo, la scala a chiocciola più imponente di Venezia, alta 26 metri, dal cui belvedere si ammirano le cupole di San Marco e della Salute, e una visuale mozzafiato sui tetti e i campanili dell’intera città.
Questo piccolo gioiello architettonico fa parte del Palazzo Contarini del Bovolo, un palazzo gotico costruito tra il Tre e il Quattrocento come dimora della famiglia Contarini “di San Paternian”, che dalla fine del Quattrocento, con l’aggiunta della scala a chiocciola, furono soprannominati “dal Bovolo” (in veneziano significa “chiocciola”). Alla fine del Quattrocento, infatti, Pietro Contarini decise di far aggiungere alla facciata interna del palazzo questa scala, opera secondo la tradizione di Giovanni Candi, o più probabilmente di Giorgio Spavento, importante architetto dell’epoca. Nel cortile, c’è un piccolo giardino con arche e vere da pozzo provenienti dalla chiesa di San Paternian (demolita nell’Ottocento quando il campo dove sorgeva venne trasformato e intitolato al patriota Daniele Manin), tra cui una bellissima vera da pozzo veneto-bizantina dell’XI secolo.
La loggia al secondo piano della Scala del Bovolo conduce alla Sala del Tintoretto, una sala prestigiosa di Palazzo Contarini dove è esposta la collezione d’arte veneziana dal ‘500 al ‘700 appartenente al patrimonio storico artistico dell’IRE (Istituzione di Ricovero ed Educazione), attuale proprietà del palazzo e amministratore unico di tutte le istituzioni di ricovero sparse per la città.
Indirizzo: Corte Contarini del Bovolo, San Marco 4303
Telefono: +39 041 3096605
Sito web: www.gioiellinascostidivenezia.it
Nei giorni della Su e Zo per i Ponti gli iscritti alla manifestazione possono accedere con biglietto ridotto, esibendo il cartellino d’iscrizione Su e Zo per i Ponti all’ingresso. Maggiori informazioni sulla pagina “Su e Zo per i Musei”.
Col Rinascimento le vere da pozzo pubbliche assumono una forma che le distingue da quelle private: ne è un esempio la vera da pozzo di Campo San Maurizio, datata 1521, di forma esagonale, con cornice e zoccolo sagomati. Due facce erano ornate dal leone marciano andante – la sagoma è ancora visibile – scalpellato durante il periodo napoleonico della Municipalità Democratica (maggio-ottobre 1797). Un’altra faccia conserva invece l’immagine consunta del santo titolare, che regge il vessillo e la palma del martirio.
I pozzi pubblici venivano aperti due volte al giorno, al suono dell’apposita campanella, dai capi contrada che ne custodivano le chiavi e avevano l’incarico di controllare quantità e qualità dell’acqua.
Campo San Maurizio è uno dei campi più belli di Venezia, dove ammirare diversi palazzi interessanti da un punto di vista storico e architettonico, come il grandioso Palazzo Bellavite, sul lato ovest del campo, la cui facciata sembra essere stata affrescata da Paolo Veronese, dimora del poeta veneziano Giorgio Baffo e dello scrittore Alessandro Manzoni, che vi abitò dal 1803 al 1804. A nord si affaccia la chiesa di San Maurizio, di antica origine, nel Settecento sede dello studio giovanile dello scultore Antonio Canova. Chiusa al culto, la chiesa di San Maurizio ora ospita il Museo della Musica, dove è esposta una raccolta di strumenti musicali che raccontano 300 anni di liuteria italiana. Il museo è aperto tutti i giorni dalle ore 9:30 alle ore 19, ad ingresso libero. In campo San Maurizio si tiene anche uno storico mercatino dell’antiquariato, con oltre cinquanta antiquari che espongono oggetti preziosi, curiosità del passato e pezzi pregiati dal ‘600 al ‘900 su tipici banchi in legno. Nel 2018 il mercatino si terrà con orario 9-19 nei fine settimana dal 1 al 3 giugno, dal 21 al 23 settembre, dal 19 al 21 ottobre, dal 7 al 9 dicembre.
Indirizzo: Campo San Maurizio, San Marco
POZZO DEL CHIOSTRO DI SANT’APOLLONIA – MUSEO DIOCESANO DI VENEZIA
Costruito tra il 1100 e il 1200, il chiostro di Sant’Apollonia, incastonato alle spalle della Basilica di San Marco, in calle della Canonica, è l’unico esempio di chiostro romanico a Venezia. E’ caratterizzato da un porticato con archetti a doppia ghiera sostenuti da tozze colonne sui lati minori e da colonnine binate sui maggiori. Al centro del chiostro si trova una vera da pozzo bianca del Duecento, a cubo scantonato, menzionata da Gabriele D’Annunzio nel suo romanzo Il fuoco. Tutt’intorno alle pareti, dal 1969, è esposto il Lapidario Marciano, cioè una raccolta di frammenti decorativi di origine romana e bizantina, o Veneto-Bizantina, che in gran parte facevano da ornamento dell’antica basilica di San Marco.
L’ex monastero benedettino di Sant’Apollonia è ora sede del Museo Diocesano d’Arte Sacra, un vero e proprio scrigno di opere d’arte. Il museo contiene dipinti, sculture e oggetti sacri provenienti da conventi e chiese. Ha una delle più ricche e antiche collezioni di argenti sacri, composta da oltre duecento oggetti liturgici di grande bellezza; vi si trova anche una collezione di tele di Tintoretto, Palma il Giovane, Gregorio Lazzarini, Luca Giordano e Giannantonio Pellegrini.
Indirizzo: Castello 4312
Orario: aperto tutti i giorni dalle 10 alle 19
Telefono: +39 041 5229166
Sito web: www.veneziaupt.org
POZZO DEL MUSEO QUERINI STAMPALIA
L’ultimo discendente dell’antica e nobile famiglia veneziana Querini Stampalia, il Conte Giovanni, lascia in eredità alla città di Venezia l’intero patrimonio familiare, i beni mobili e immobili, le collezioni artistiche e quelle librarie, affinché divengano di uso pubblico. Nasce così nel 1869 la Fondazione Querini Stampalia. Oggi vi sono allestiti: la biblioteca, aperta secondo la volontà del Fondatore fino a notte tarda e nei giorni festivi; la casa museo, che tramanda l’atmosfera della dimora patrizia del Settecento; un’area per esposizioni temporanee
La collezione antica del museo è costituita da dipinti, mobili e preziose suppellettili che hanno accompagnato la vita della famiglia Querini, tra cui tavole trecentesche di scuola neobizantina, capolavori rinascimentali come la Presentazione di Gesù al Tempio di Giovanni Bellini, le piccole tele settecentesche di Pietro Longhi, le scene di vita pubblica e privata veneziana di Gabriel Bella, e un grande ritratto di Giambattista Tiepolo.
L’edificio è un luogo sorprendente dove sale antiche si alternano a spazi ridisegnati da grandi architetti contemporanei: Carlo Scarpa, Valeriano Pastor e Mario Botta. Ed è proprio a Scarpa e a Botta e al segno da loro lasciato in Querini Stampalia che si legano le due vere da pozzo presenti nel palazzo. Il giardino ridisegnato da Carlo Scarpa, con i suoi richiami moreschi e giapponesi, è un angolo incantato. Al centro un tappeto erboso, tutt’intorno rampicanti e cespugli fanno da cornice ideale a due fontane e ad alcuni elementi tipici della tradizione costruttiva lagunare sapientemente ricollocati dal maestro: una vera da pozzo dell’antica casa, un leone gotico, dei capitelli. Antico e moderno si compenetrano anche nell’intervento di Mario Botta, uno spazio ottenuto col ripristino e la copertura di un’antica corte medievale. Vero elemento unificatore dell’intero complesso, piazza interna, punto di ritrovo aperto alla città, questo luogo trova nella presenza dell’antica vera da pozzo il rimando esplicito alla sua storia.
Indirizzo: Santa Maria Formosa, Castello 5252
Telefono: +39 041 2711411
Sito web: www.querinistampalia.org
POZZO DEL CHIOSTRO DELLA MADONNA DELL’ORTO
Il chiostro della Madonna dell’Orto, di origine medievale, è tra i più belli che ci siano a Venezia: adiacente alla omonima chiesa, fu in parte devastato da Napoleone, poi acquistato da privati e di recente restaurato e aperto al pubblico in occasione di esposizioni temporanee d’arte. Si presenta con un lungo porticato che si sviluppa su tre lati, con al centro un’elegante vera da pozzo in pietra d’Istria, di forma cilindrica con una cornice quadrata sostenuta da quattro volute.
Dedicata inizialmente a San Cristoforo, la bella chiesa trecentesca cominciò ad essere popolarmente chiamata Madonna dell’Orto dopo che vi fu trasferita un’antica statua della Vergine, rinvenuta in un orto vicino e ritenuta miracolosa. Tra le opere custodite all’interno della chiesa si trovano capolavori di Palma il Giovane e Cima da Conegliano e soprattutto le straordinarie tele di Jacopo Robusti detto il Tintoretto. La Madonna dell’Orto è infatti tappa fondamentale per conoscere l’artista veneziano, che abitava a pochi passi dalla chiesa, in fondamenta dei Mori, e riposa nella cappella absidale di destra, insieme ai figli Domenico e Marietta. Una curiosità: il campo antistante la chiesa è uno dei pochi a Venezia che mantiene l’antica pavimentazione in cotto con i mattoni disposti a spina di pesce.
Nel 2018 Venezia festeggia i 500 anni dalla nascita del pittore, tra i giganti della pittura europea del XVI secolo e, indubbiamente, quello che più ha “segnato” Venezia con il marchio inconfondibile del suo genio. Due le esposizioni dedicate all’artista che si apriranno il 7 settembre 2018 (sino al 6 gennaio 2019) a Palazzo Ducale e alle Gallerie dell’Accademia. Partecipano all’anno tintorettiano anche la Scuola grande di San Rocco e la Scuola grande di San Marco, con esposizioni, pubblicazioni e convegni e la Curia Patriarcale, con le molte chiese sparse in città che ancora oggi conservano opere del grande maestro.
Indirizzo: Cannaregio 3512
POZZO DELLA CA’ D’ORO – GALLERIA GIORGIO FRANCHETTI
La Cà d’Oro è senza dubbio uno dei palazzi più ammirati del Canal Grande, gioiello dell’architettura gotica veneziana del Quattrocento. Ospita la ricca collezione d’arte del barone Giorgio Franchetti, che nel 1916 donò allo Stato italiano le sue raccolte insieme al palazzo, dopo averne ripristinato, con ingenti restauri, lo splendore originario.
Di stupefacente bellezza è la corte interna, con il mosaico pavimentale in marmi antichi, progettato dallo stesso barone su modello dei mosaici della Basilica di San Marco, dove si può ammirare una delle vere da pozzo più straordinarie di Venezia. Fu scolpita da Bartolomeo Bon nel 1427 in marmo rosso di Verona. Ha la forma di un capitello scantonato e presenta una splendida decorazione a foglie d’acanto; la cornice quadrata è sostenuta da quattro teste maschili, mentre su tre lati sono scolpite figure allegoriche femminili che rappresentano le tre Virtù teologali: Fede, Speranza e Carità. Questo capolavoro del rinascimento veneziano è ritornato al proprio luogo originario dopo lunghe vicissitudini: alla fine dell’Ottocento la vera fu venduta sul mercato antiquario e trasferita altrove. Dopo anni di ricerche e consistenti spese economiche, il barone la recuperò riponendola al suo posto d’onore nel cortile della restaurata Ca’ d’Oro.
La collezione di Giorgio Franchetti, di cui fanno parte capolavori come il San Sebastiano di Andrea Mantegna, la Venere allo specchio di Tiziano, due Vedute di Venezia di Francesco Guardi, oltre a mobili, dipinti, medaglie, arazzi, bronzetti e sculture, è stata ampliata nel corso degli anni con opere rinascimentali provenienti da edifici religiosi soppressi o demoliti e collezioni provenienti dalle Gallerie dell’Accademia e dal Museo Archeologico di Venezia. Nell’atrio della Ca’ d’Oro, riposano, sotto un cippo di porfido, le ceneri di Giorgio Franchetti.
Indirizzo: Cannaregio 3932
Telefono: +39 041 5203652
Sito web: polomusealeveneto.beniculturali.it
Nei giorni della Su e Zo per i Ponti gli iscritti alla manifestazione possono accedere con biglietto ridotto, esibendo il cartellino d’iscrizione Su e Zo per i Ponti all’ingresso. Maggiori informazioni sulla pagina “Su e Zo per i Musei”.
Tutti gli itinerari di #Detourism per scoprire una Venezia diversa fanno parte della campagna di sensibilizzazione #EnjoyRespectVenezia, promossa dalla Città di Venezia per orientare i visitatori verso l’adozione di comportamenti consapevoli e rispettosi del patrimonio culturale e naturale di Venezia, sito UNESCO bene di tutta l’umanità.
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Introduzione – Mappa – Punti di interesse
Photo credits:
Fondazione Querini Stampalia: Pozzo del Museo Querini Stampalia;
Moonik / Wikimedia: Pozzo della Ca’ d’Oro;
Didier Descouens / Wikimedia: Pozzo di Campo San Trovaso, Pozzo di Campo San Boldo, Pozzo del Chiostro della Madonna dell’Orto, Pozzo di Campo San Maurizio;
M. Defina: Pozzo di Ca’Pesaro;
Ethan Doyle White / Wikimedia: Pozzi di Corte Contarini del Bovolo;
Patriarcato di Venezia: Pozzo del Chiostro di Sant’Apollonia;
Comune di Venezia: Pozzo di Corte dei Cordami, Pozzo di Campo San Zan Degolà;
Alfonso Bussolin: Pozzo di Corte Petriana.